Xu Lizhi (1990-2014), poesie alla catena di montaggio #1

A partire dal 2010, le sedi cinesi della Foxconn sono state spesso al centro delle cronache internazionali. La multinazionale taiwanese produttrice di componenti elettroniche per Apple, Sony, Microsoft, Nokia (tra gli altri), divenne nota a un certo punto anche col nome di “fabbrica dei suicidi”: una successione serrata di suicidi di dipendenti avvenuti al suo interno aveva attirato l’attenzione sulla durezza delle condizioni di lavoro negli stabilimenti della Foxconn nella provincia del Guangdong e in altre città cinesi. Costretti a lavorare in condizioni di sicurezza spesso inadeguate, con turni di almeno 10 ore e frequenti straordinari, tenuti sotto una sorveglianza militaresca, gli operai cinesi conducono tutta la loro vita all’interno della fabbrica, alloggiati in dormitori sovraffollati nei pressi degli stessi complessi industriali. Una questione, questa, che riguarda non solo la Foxconn, ma anche moltissime altre aziende locali e straniere in Cina. Anzi, nelle fabbriche più piccole e meno conosciute, le condizioni sono spesso peggiori e le paghe notevolmente inferiori.

Foxconn in Cina impiega almeno un milione di operai, 400mila nella sola Shenzhen. Un documentario italiano, Dreamwork China di Tommaso Facchin e Ivan Franceschini, aveva mostrato chi sono i giovanissimi dagong, i lavoratori migranti al lavoro alla Foxconn, in cerca di un futuro migliore nella grande città. Dreamwork China (qui un lungo estratto) aveva esplorato la desolazione delle loro vite perse in un lavoro alienante e senza prospettive, il disagio e le speranze di una generazione sradicata.

foxconn-factory-fabrica-Shenzhen-ipad-iphone-apple

In questi giorni Libcom, piattaforma di informazione e condivisione incentrata sui problemi e le lotte del lavoro, propone la storia di Xu Lizhi, un operaio della Foxconn che si è tolto la vita il 30 settembre 2014, all’età di 24 anni. Xu era appassionato di letteratura e scriveva poesie, sognava di fare il libraio: aveva cercato in passato di lasciare la Foxconn ma non aveva trovato di meglio che tornare al suo villaggio d’origine, dove ormai, senza nemmeno una libreria e pochissimi stimoli culturali ed economici, si sentiva un pesce fuor d’acqua. Al punto da ritornare dopo soli sei mesi all’odiata Foxconn, ma solo per poco; giusto il tempo di capire che quella vita, LA vita, non faceva per lui.

Alcuni amici di Xu hanno raccolto le sue poesie e Libcom le ha messe a disposizione di chiunque voglia condividerle senza fini commerciali. Sono poesie della vita in fabbrica, di schiene curve sulla catena di montaggio, di sudore e metallo, solitudine e frustrazione. Sono versi in cui la morte è spesso evocata, quando non invocata, come in quella “profezia” che, riflettendo sui ventitré anni dell’autore, racconta come suo nonno fosse morto alla stessa età, bruciato vivo dai “diavoli stranieri” (gli invasori giapponesi). La fabbrica è “il cimitero della gioventù”, il poeta il suo custode indignato e umiliato.

Vogliamo farci tramiti dei versi e del messaggio di Xu Lizhi con il nostro modesto contributo di traduzione in italiano. Per ricordare che le merci a basso costo che consumiamo, la tecnologia in cui ci culliamo, i cellulari da cambiare ogni sei mesi, sono fatti anche delle vite e dei sogni di milioni di individui. Per ricordarci che di lavoro si può morire, e non solo in Cina.

 

Conflitto

Dicono che sono un ragazzo di poche parole.
Non lo nego.
In verità
che io parli o meno,
con questa società
sono in conflitto.

(7 giugno 2013)

Traduzione di Fortuna Balzano

 

Mi assopisco così, in piedi

I fogli che mi stanno davanti leggermente ingialliscono
Con una penna vi incido neri ineguali.
Sono solo parole di lavoro
reparto, catena di montaggio, macchinario, tesserino, straordinario, stipendio….
Mi hanno addomesticato ben bene.
Non so urlare, non so ribellarmi,
Non so denunciare, non so biasimarmi,
Sopporto lo strenuo, in silenzio.
Quando è iniziata
bramavo solo quella grigia busta paga il 10 del mese
perché mi procurava una tarda consolazione.
Per questo ho dovuto levigarmi gli angoli, levigare le mie parole
rifiutare permessi, malattie, ferie
rifiutare ritardi, ritiri.
Me ne sto fisso alla catena di montaggio, come ferro, le mani come fossero ali
Quanti giorni, quante notti
mi assopisco così, in piedi.

(20 agosto 2011)

Traduzione di Giovanna Ricchezza

 

Una vite è caduta al suolo

Una vite è caduta al suolo
in questa notte di lavoro fuori orario
è precipitata in verticale, tintinnando leggermente.
Non attirerà l’attenzione di nessuno,
proprio come quando qui davanti
in una notte identica a questa
qualcuno cadde a suolo.

(9 gennaio 2014)

Traduzione di Antonio Covino

Nelle prossime settimane, Chinapolis pubblicherà altre traduzioni di poesie di Xu Lizhi.

Pubblicato anche su www.levanteonline.it

Be the first to comment on "Xu Lizhi (1990-2014), poesie alla catena di montaggio #1"

Leave a comment

Your email address will not be published.


*